“Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, di Luis Sepúlveda

“Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia. Sapeva leggere.”

Antonio José Bolívar, il protagonista de “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore“, è un anziano vedovo che vive nello sperduto paesino di El Idilio, ai margini della foresta amazzonica ecuadoriana.
Il romanzo ripercorre i suoi ricordi di gioventù: l’incontro con la moglie, la loro vita a San Luis, l’abbandono della cittadina dove i maligni sparlavano dell’infertilità della moglie e la ricerca di una nuova pace. Dopo due anni, la moglie muore a causa le febbri malariche e Antonio continua a vivere con la popolazione indios dei shuar, dove apprende i segreti della foresta e a vivere a stretto contatto con la natura.

“Antonio José Bolívar Proano sapeva di non poter tornare al villaggio sulla sierra. I poveri perdonano tutto, meno il fallimento. Era obbligato a fermarsi, a rimanere lì in compagnia appena di qualche ricordo. Voleva vendicarsi di quella regione maledetta, di quell’inferno verde che gli aveva strappato l’amore e le speranze. Sognava un gran fuoco che trasformasse tutta quanta l’Amazzonia in una pira.”

Un giorno, per errore, tentando di vendicare la morte del suo compagno di caccia, disonora una delle  usanze dei shuar ed è costretto all’esilio; si trasferisce quindi nel paesino di El Idilio dove scopre di saper leggere e si appassiona profondamente ai romanzi d’amore.

“Leggeva lentamente, mettendo insieme le sillabe, mormorandole a mezza voce come se le assaporasse, e quando dominava tutta quanta la parola, la ripeteva di seguito. Poi faceva lo stesso con la frase completa, e così si impadroniva dei sentimenti e delle idee plasmati sulle pagine. Quando un passaggio gli piaceva particolarmente lo ripeteva molte volte, tutte quelle che considerava necessarie per scoprire quanto poteva essere bello anche linguaggio umano.”

“Sono tristi?” Chiedeva il vecchio.
“Da piangere a fiumi.” Assicurava il dentista.
“Con gente che si ama davvero?”
“Come nessuno ha mai amato.”
“Soffrono molto?”
“Io non riuscivo a sopportarlo.” Rispondeva il dentista. Ma il dottor Rubicondo Loachamín non leggeva quei romanzi.

Intanto i cercatori d’oro stanno arrivando sempre più numerosi a depredare le terre amazzoniche ed a cacciare gli animali; il tema portante del libro è infatti la distruzione della foresta ecuadoriana e l’impossibilità, da parte dei nativi, di salvaguardare il patrimonio naturale dalle irruzioni violente dei colonizzatori.
Un giorno un uomo bianco uccide i cuccioli del tigrillo, un felino sudamericano maculato conosciuto come il gatto-tigre. La femmina dell’animale, disperata per la perdita, uccide a sua volta l’assassino e inizia a vagare alla ricerca degli uomini bianchi per portare a termine la sua vendetta.
Il vecchio Antonio, l’unico che conosce tutti i segreti della foresta, è costretto dal sindaco a partecipare alla spedizione punitiva contro l’animale. Durante lo scontro, Antonio si sente più un vile carnefice che un cacciatore e dopo la morte della belva, triste, torna nella sua casa a leggere romanzi d’amore, l’unica cosa che gli procura ancora gioia.

“Allora decise che per quel giorno non avrebbe più parlato con nessuno e si tolse la dentiera, la avvolse nel fazzoletto e, stringendosi i libri al petto, si avviò verso la sua capanna.”


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