“Jezabel”, di Irène Némirovsky

“Gli anni erano passati per Gladys con la rapidità dei sogni. E a mano a mano che invecchiava, sembravano ancora più lievi, le parevano essere volati via ancora più in fretta. Ma le giornate erano lunghe, e certe ore pesanti e amare. Non le piaceva stare sola: non appena intorno a lei cessava il cicaleccio delle donne, non appena si spegneva l’eco dei discorsi d’amore, sentiva in cuore una sorda inquietudine.”

Lo scorrere del tempo, che inesorabile ci avvicina ogni giorno sempre più alla morte, la vecchiaia che sopraggiunge senza risparmiare nessuno, il corpo che decade, cede e muta sotto la fatica degli anni trascorsi, la perdita della bellezza della gioventù, così labile ed effimera, sono le tematiche principali di questo romanzo di Irene Némirovsky, il cui titolo Jezabel si riferisce alla madre di Athalie, ultima opera di Racine, celebre drammaturgo francese del Seicento.

La vicenda inizia con l’immagine di Gladys Eisenach seduta al banco degli imputati: la donna è accusata dell’omicidio del giovane amante ventenne Bernard Martin. Durante il processo Gladys, pallida e sciupata, è lo spettro della meravigliosa donna che era, spaventata e irrequieta continua a dichiararsi colpevole senza voler dire nulla di più. Il pubblico, più interessato alla figura popolare di Gladys che alle sorti del processo, segue gli interrogatori con lo sguardo critico sulla donna, esposta e indifesa davanti agli avvoltoi curiosi.

Il personaggio di Gladys è psicologicamente ben caratterizzato: l’autrice ne tratteggia una personalità ben definita, rivelandone i pensieri più reconditi, le ansie e le ossessioni che la tormentano. Fondamentalmente è una donna piena di insicurezza che necessita del sostegno degli altri per sentirsi meglio: ha bisogno di essere adorata, vuole su di sé sguardi di donne invidiose del suo corpo e approvazioni di uomini ai suoi piedi.

Gladys è una donna bellissima che ha scoperto la piacevole sensazione della seduzione durante la stagione dei balli che l’hanno introdotta in società, a diciotto anni. Giovane e inesperta, sotto la guida della cugina più grande, ha iniziato a frequentare la società partecipando alle serate di balli dove si è trovata faccia a faccia con un mondo nuovo e totalmente diverso da quello a cui era abituata.

“Non avrebbe mai dimenticato quella breve stagione. Mai avrebbe ritrovato esattamente quel genere di piacere. Ci resta sempre in fondo al cuore il rimpianto di un’ora, di un’estate, di un fuggevole istante in cui la giovinezza si schiude come una gemma.
Per diverse settimane o diversi mesi, raramente più a lungo, una ragazza molto bella non vive una vita normale. È come ubriaca. Le è concessa la sensazione di essere fuori dal tempo, fuori dalle sue leggi, di non percepire la monotona successione dei giorni ma di assaporare soltanto alcuni attimi di felicità intensa e quasi disperata.

Con la tipica instancabile voglia di azione giovanile, Gladys volteggia in pista senza sentire il peso della stanchezza, si lascia ammirare dagli occhi degli uomini presenti e scopre il piacere di farsi adorare.

“Che delizia vedere un uomo ai propri piedi…che cosa c’era di più bello al mondo di quel nascente potere femminile? Era proprio questo che stava aspettando, che presagiva da tanti giorni… Il piacere, il ballo, il successo… non erano niente, impallidivano davanti a quella sensazione intensa, a quella sorta di fitta interiore che provava.

“L’amore?” Pensò “Oh no, il piacere di essere amata… quasi sacrilego…”

Ed è proprio questo che Gladys brama e desidera più di qualsiasi altra cosa al mondo: essere amata. Sentirsi piccola e fragile tra le braccia di qualcuno che le ripeta quanto sia importante.

“Credete che si guardi il volto della donna amata? Si vede al di là dei suoi lineamenti, più in profondità. Si pensa: -Mi farà soffrire ancora di più, oggi? O si stancherà finalmente di farmi penare e mi amerà?- Come vedete, anche al colo della passione si continua a pensare solo a se stessi…”

Jezabel è un libro più profondo di quanto possa apparire; propone infatti, sotto la maschera del romanzo, una lunga serie di spunti di riflessione. Come una versione femminile di Dorian Gray, anche Gladys è ossessionata dall’idea della bellezza e della giovinezza: il romanzo, attualissimo nonostante sia stato scritto nel 1936, rispecchia l’elogio all’aspetto esteriore tipico della società odierna dove l’immagine e la corsa alla perfezione corporea sono le cose più importanti.

Vi è una grande differenza tra il prendersi cura del proprio aspetto, mantenendosi in forma e presentandosi al meglio delle proprie possibilità e farne diventare un’ossessione, anche se in questo mondo, sempre più dedito all’apparire che all’essere, è difficile trovare un equilibrio.

Il tempo passa per tutti, è un continuo circolo che scorre, i vecchi di oggi sono i bambini di ieri, il corpo muta, cede ai giorni che si susseguono e nessuno può fare nulla.

Temere la naturale condizione umana, che comporta necessariamente l’invecchiamento, significa non vivere pienamente la vita, significa illudersi di poter avere solo i singoli momenti di divertimento e di gioia.

La non accettazione di Gladys apparentemente rasenta in alcuni passaggi il ridicolo: si mostra come una bambina viziata che non vuole vedersi sfiorire e vorrebbe mantenere la scena sociale a tutti i costi; come Grimilde, la matrigna di Biancaneve invidia la giovinezza delle ragazze e persino quella della figlia, nasconde la sua età per apparire più giovane e cerca persino di impedire il matrimonio della figlia perchè lo status di nonna non si addice ad una donna che vuole restare ancora giovane.

In realtà il suo non è soltanto un capriccio infantile ma una vera e propria ossessione, paragonabile ad una malattia mentale che invade il suo essere e le impedisce di vivere serenamente e di ragionare in modo lucido.  

Consiglio fortemente di leggerlo perché offre molti spunti di riflessione attuali e per imparare ad accettare lo scorrere del tempo e la vecchiaia senza sentirsi sopraffatti da essa.


Lascia un commento